01 Regnava nel silenzio
SCENA IV    Parco. – Nel fondo della scena un fianco del castello,  con picciola porta praticabile. 
Sul davanti la così detta fontana della Sirena,  fontana altra volta coperta da un bell’edifizio,  ornato di tutti i fregi della gotica architettura,  al presente dai rottami di quest’edifizio sol cinta.  Caduto n’è il tetto, rovinate le mura,  e la sorgente che zampilla si apre il varco  fra le pietre, e le macerie postele intorno,  formando indi un ruscello. –  È sull’imbrunire. Sorge la luna.    Lucia ed Alisa    LUCIA  (Viene dal castello, seguita da Alisa:  sono entrambe nella massima agitazione.  Ella si volge d’intorno, come in cerca di qualcuno;  ma osservando la fontana,  ritorce altrove lo sguardo)  Ancor non giunse!...    Alisa  Incauta!... a che mi traggi!...  Avventurarti, or che il fratel qui venne,  È folle ardir.    LUCIA  Ben parli! Edgardo sappia  Qual ne minaccia orribile periglio...    Alisa  Perché d’intorno il ciglio  Volgi atterrita?    LUCIA  Quella fonte mai  Senza tremar non veggo...  Ah! tu lo sai.  Un Ravenswood, ardendo  Di geloso furor, l’amata donna  Colà trafisse: l’infelice cadde  Nell’onda, ed ivi rimanea sepolta...  M’apparve l’ombra sua...    Alisa  Che intendo!...    LUCIA  Ascolta.  Regnava nel silenzio  Alta la notte e bruna...  Colpìa la fonte un pallido 
Raggio di tetra luna...  Quando sommesso un gemito  Fra l’aure udir si fe’,  Ed ecco su quel margine  L’ombra mostrarsi a me!  Qual di chi parla muoversi  Il labbro suo vedea,  E con la mano esanime  Chiamarmi a sé parea.  Stette un momento immobile  Poi rapida sgombrò,  E l’onda pria sì limpida,  Di sangue rosseggiò! –    Alisa  Chiari, oh ciel! ben chiari e tristi  Nel tuo dir presagi intendo!  Ah! Lucia, Lucia desisti  Da un amor così tremendo.    LUCIA  Io?... che parli!  Al cor che geme  Questo affetto è sola speme...  Senza Edgardo non potrei  Un istante respirar...  Egli è luce a’ giorni miei,  E conforto al mio penar  Quando rapito in estasi  Del più cocente amore,  Col favellar del core  Mi giura eterna fe’;  Gli affanni miei dimentico,  Gioia diviene il pianto...  Parmi che a lui d’accanto  Si schiuda il ciel per me!    Alisa  Giorni d’amaro pianto  Si apprestano per te!  Egli s’avanza...  La vicina soglia Io cauta veglierò.    (Rientra nel Castello) 
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02 Che mi frena in tal momento
EDGARDO  (Chi mi frena in tal momento?...  Chi troncò dell’ire il corso?  Il suo duolo, il suo spavento  Son la prova d’un rimorso!...  Ma, qual rosa inaridita,  Ella sta fra morte e vita!...  Io son vinto... son commosso...  T’amo, ingrata, t’amo ancor! )    LUCIA  (Io sperai che a me la vita  (riavendosi)  Tronca avesse il mio spavento...  Ma la morte non m’aita...  Vivo ancor per mio tormento! –  Da’ miei lumi cadde il velo...  Mi tradì la terra e il cielo!...  Vorrei pianger, ma non posso...  Ah, mi manca il pianto ancor! )    ARTURO, RAIMONDO, Alisa, NORMANNO, CORO  (Qual terribile momento!...  Più formar non so parole!... 
Densa nube di spavento  Par che copra i rai del sole! –  Come rosa inaridita  Ella sta fra morte e vita!...  Chi per lei non è commosso  Ha di tigre in petto il cor)    ENRICO, ARTURO, NORMANNO, CAVALIERI  T’allontana sciagurato...  O il tuo sangue fia versato...  (scagliandosi con le spade denudate  contro Edgardo)    EDGARDO  (traendo anch’egli la spada)  Morirò, ma insiem col mio  Altro sangue scorrerà.    RAIMONDO  (mettendosi in mezzo alle parti avversarie,  ed in tuono autorevole)  Rispettate, o voi, di Dio la tremenda maestà.  In suo nome io vel comando,  Deponete l’ira e il brando...  Pace pace... egli abborrisce  L’omicida, e scritto sta:  Chi di ferro altrui ferisce,  Pur di ferro perirà.  (Tutti ripongono le spade.  Un momento di silenzio)    ENRICO  (facendo qualche passo verso Edgardo,  e guardandolo biecamente di traverso)  Ravenswood in queste porte  Chi ti guida?    EDGARDO  (altero)  La mia sorte,  Il mio dritto... sì;  Lucia La sua fede a me giurò.    RAIMONDO  Questo amor per sempre obblia;  Ella è d’altri!...    EDGARDO  D’altri!... ah! no.    RAIMONDO 
Mira.  (gli presenta il contratto nuziale)    EDGARDO  (dopo averlo rapidamente letto,  e figgendo gli occhi in Lucia)  Tremi!... ti confondi! Son tue cifre?  (mostrando la di lei firma)  A me rispondi:  (con più forza)  Son tue cifre?    LUCIA  (con voce simigliante ad un gemito)  Sì...    EDGARDO  (soffocando la sua collera)  Riprendi Il tuo pegno, infido cor.  (le rende il di lei anello)  Il mio dammi.    LUCIA  Almen...  EDGARDO  Lo rendi.  (Lo smarrimento di Lucia lascia divedere,  che la mente turbata della infelice  intende appena ciò che fa:  quindi si toglie tremando l’anello dal dito,  di cui Edgardo s’impadronisce sul momento)  Hai tradito il cielo, e amor!  (sciogliendo il freno del represso sdegno  getta l’anello, e lo calpesta)  Maledetto sia l’istante  Che di te mi rese amante...  Stirpe iniqua... abbominata Io dovea da te fuggir!...  Ah! di Dio la mano irata  Ti disperda...    ENRICO, ARTURO, NORMANNO, CAVALIERI  Insano ardir!... mi  Esci, fuggi il furor che accende ne  Solo un punto i suoi colpi sospende...  Ma fra poco più atroce, più fiero  Sul suo capo abborrito cadrà...  Sì, la macchia d’oltraggio sì nero  Col tuo sangue lavata sarà.    EDGARDO  (gettando la spada, 
ed offrendo il petto a’ suoi nemici)  Trucidatemi, e pronubo al rito  Sia lo scempio d’un core tradito...  Del mio sangue bagnata la soglia  Dolce vista per l’empia sarà!...  Calpestando l’esangue mia spoglia  All’altare più lieta se ne andrà!    LUCIA  (cadendo in ginocchio)  Dio lo salva... in sì fiero momento  D’una misera ascolta l’accento...  È la prece d’immenso dolore  Che più in terra speranza non ha...  E l’estrema domanda del core,  Che sul labbro spirando mi sta!    RAIMONDO, Alisa, DAME  Infelice, t’invola... t’affretta...  (a Edgardo)  I tuoi giorni... il tuo stato rispetta.  Vivi... e forse il tuo duolo fia spento:  Tutto è lieve all’eterna pietà.  Quante volte ad un solo tormento  Mille gioie succeder non fa! 
(Raimondo sostiene Lucia,  in cui l’ambascia è giunta all’estremo: Alisa,e le Dame son loro d’intorno.  Gli altri incalzano Edgardo fin presso la soglia.  Intanto si abbassa la tela) 
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03  Il dolce suono… / In sì tremendo stato
RAIMONDO, ALISA e CORO  In sì tremendo stato,  Di lei, signor, pietà.  (sporgendo le mani al cielo)    RAIMONDO  S’avanza Enrico!...    SCENA VI  Enrico, Normanno e detti.    ENRICO  (accorrendo)  Ditemi:  Vera è l’atroce scena?    RAIMONDO  Vera, pur troppo!    ENRICO  Ah! perfida!... Ne avrai condegna pena...  (scagliandosi contro Lucia)    RAIMONDO, ALISA, CORO  T’arresta... Oh ciel!...    RAIMONDO  Non vedi Lo stato suo?    LUCIA  Che chiedi?...  (sempre delirando)    ENRICO  Oh qual pallor!  (fissando Lucia, che nell’impeto di collera  non aveva prima bene osservata)  LUCIA  Me misera!...    RAIMONDO  Ha la ragion smarrita.    ENRICO  Gran Dio!...    RAIMONDO  Tremare, o barbaro,  Tu dei per la sua vita.  LUCIA 
Non mi guardar sì fiero...  Segnai quel foglio è vero... –  Nell’ira sua terribile  Calpesta, oh Dio! l’anello!...  Mi maledice!... Ah! vittima  Fui d’un crudel fratello,  Ma ognor t’amai... lo giuro...  Chi mi nomasti? Arturo! –  Ah! non fuggir... Perdono...    GLI ALTRI  Qual notte di terror!    LUCIA  Presso alla tomba io sono...  Odi una prece ancor. –  Deh! tanto almen t’arresta,  Ch’io spiri a te d’appresso...  Già dall’affanno oppresso  Gelido langue il cor!  Un palpito gli resta...  È un palpito d’amor.  Spargi di qualche pianto Il mio terrestre velo,  Mentre lassù nel cielo Io pregherò per te...  Al giunger tuo soltanto  Fia bello il ciel per me!  (resta quasi priva di vita,  fra le braccia di Alisa)    RAIMONDO, ALISA, CORO  Omai frenare il pianto  Possibile non è!    ENRICO  (Vita di duol, di pianto  Serba il rimorso a me!)  Si tragga altrove... Alisa,  Pietoso amico...  (a Raimondo)  Ah! voi La misera vegliate...  (Alisa e le Dame conducono altrove Lucia)  Io più me stesso In me non trovo!...  (parte nella massima costernazione:  tutti lo seguono, tranne Raimondo e Normanno)    RAIMONDO  Delator! gioisci  Dell’opra tua.    NORMANNO  Che parli? 
RAIMONDO  Sì, dell’incendio che divampa e strugge  Questa casa infelice hai tu destata  La primiera favilla.    NORMANNO  Io non credei...    RAIMONDO  Tu del versato sangue, empio! tu sei  La ria cagion!... Quel sangue  Al ciel t’accusa, e già la man suprema  Segna la tua sentenza...  Or vanne, e trema.  (Egli segue Lucia:  Normanno esce per l’opposto lato) 
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